L'uomo produce il male come le api producono il miele
Quella che dà il titolo a questo post è una frase espressa da William Golding (Newquay, 1911 - Perranarworthal, 1993), premio Nobel per la letteratura nel 1983, atta a sottolineare la sua visione dell’umanità, corrotta e negativa, in cui il male assumerebbe un ruolo centrale. Tra le mie ultime letture figura proprio uno dei suoi capolavori: Il signore delle mosche (titolo originale Lord of the Flies), pubblicato nel ’54.
Un gruppo di individui si ritrova improvvisamente abbandonato a se stesso su un’isola deserta in pieno oceano Pacifico, anni luce dal mondo civilizzato. Pare una trama già sentita, ma la novità è che sono tutti bambini (il più grande di loro ha appena dodici anni). Non ci sono spiegazioni, non si sa dove siano di preciso e nemmeno chi siano, per dirla tutta. Lo scenario, le persone, e anche la collocazione temporale della vicenda sono così vaghi da amplificare il senso di smarrimento voluto dall’autore. La sensazione è che Golding stia conducendo un esperimento sociologico al fine di dimostrare qualcosa di non meglio precisato sulla natura umana. I soggetti che ha scelto per questo suo studio virtuale sono bambini poiché in essi le inibizioni sociali sono meno evidenti che negli adulti: essi sono più spontanei, meno sofisticati e ancora non troppo contaminati dalla cultura. Per questi motivi apprezzarne la reale natura dovrebbe essere più semplice che non negli adulti.
Il sistema comincia ad interagire al meglio, i ragazzini si ispirano ai grandi per organizzare il da farsi e cercare di tirarsi fuori dai guai. Ralph, che pare il più assennato, viene democraticamente eletto capo per alzata di mano; si comincia a parlare di leggi, si costruiscono rifugi, si costituiscono assemblee per discutere di faccende più o meno importanti, vengono definite alcune priorità (al primo posto l’alimentazione costante di un grosso fuoco a scopo segnaletico per eventuali navi di passaggio) e si delineano i compiti di ciascuno.
Il modello sociale che si è venuto a costituire sembra funzionare, la divisione dei compiti rende più facile la sopravvivenza e la pacatezza della narrazione lascia ben sperare. Poco a poco però cominciano ad emergere i primi disagi, regole e doveri diventano via via più sbiaditi; divertimento e cibo divengono gli unici bisogni, si comincia a tralasciare il resto e il gruppo tende a disgregarsi gradualmente. Saranno paure più o meno irrazionali a riavvicinare i ragazzi, che si faranno forza con la compagnia. Sembra però un riavvicinamento effimero, poiché tutto a un tratto litigi e incomprensioni prendono il sopravvento. Lo stile di vita si fa selvaggio facendo riemergere comportamenti ancestrali (di cui un esempio sono le danze tribali che celebrano i successi della caccia o i volti colorati col fango), celati inizialmente dalle reminiscenze dell’educazione e del vivere in società. I buoni propositi sfumano mandando in frantumi la coesione sociale, non ci sono più regole adesso. Finalmente ognuno è libero di dedicarsi alle attività che più lo dilettano, compresi atti di puro vandalismo. Quella che era partita come aggregazione sociale diventa repressione del più debole e prevaricazione sugli altri. Gli equilibri si spezzano e tutto diventa confuso. La situazione degenera, eliminando qualsiasi prospettiva felice alla vicenda e qualcuno ci lascia addirittura le penne.
Il ritmo della narrazione va di pari passo con gli avvenimenti raccontati, abbiamo così una parte iniziale che procede con lentezza e relativa calma, che si riflette nel senso di pace e tranquillità del gruppo. La seconda metà del testo diventa rapida, incalzante ed adrenalinica, il lettore si aspetta un colpo di scena da un momento all'altro e si procede nella lettura col cuore in gola.
L’autore esprime tra le righe il suo pessimismo nella collaborazione sociale tra gli uomini, sembra lodare il modello democratico e i suoi buoni propositi mettendone in luce però, allo stesso tempo, limiti e contraddizioni. Gli individui perdono di vista gli obiettivi, potere e divertimento offuscano le menti, e le menti offuscate sono maligne e difficili da sottomettere al buon senso e alla giustizia. La prospettiva a lungo termine si affievolisce per focalizzarsi sul presente. Non ci sono regole, tutto è concesso. È il trionfo del male sui buoni propositi e del bene del singolo sulla collettività. È caos e paura!
Da questo classico moderno della letteratura sono stati tratti due film, una prima versione del 1963 a cura di Peter Brook e un'altra dei più recenti anni '90 di Harry Hook.