Fedeltà (o, meglio, infedeltà). Discorsi circa l’ultimo libro di Missiroli

Pubblicato il da Daniele A. Esposito

Fedeltà (o, meglio, infedeltà). Discorsi circa l’ultimo libro di Missiroli

Marco Missiroli (Rimini, 1981) è un giovane scrittore romagnolo trapiantato a Milano dove collabora col Corriere. Autore di diversi romanzi, si è fatto notare, in particolare, con Atti osceni in luogo privato (Feltrinelli, 2015), che non ho ancora avuto modo di leggere.

In compenso ho letto Fedeltà (Einaudi, 2019), il suo ultimo romanzo vincitore del Premio Strega Giovani  e in lizza nella cinquina finalista per il Premio Strega.
Fedeltà ed io ci siamo incontrati all’Esselunga. Uno sguardo di donna in penombra, malizioso e inequivocabile, mi fissava nelle palle degli occhi. Incuriosito, ho prontamente lasciato andare la confezione di Macine nella mia destra, per scrutare meglio l’immagine di quella donna: era la copertina del nuovo libro di Missiroli. Dopo averlo preso dal suo ripiano, l’ho maneggiato un po’, ammaliato da quel viso in chiaroscuro. Avrei voluto curiosare la terza e la quarta di copertina, ma il volume era cellofanato, e ho dovuto accontentarmi della manciata di righe sul retro. Fu mio!

Qualcosa del genere mi successe anni fa con La separazione del maschio (2008), un libro piuttosto frivolo di Francesco Piccolo, sempre Einaudi, sempre una donna in copertina, questa volta, però... nuda! Che sia una questione di ormoni?!

Ad ogni modo, Fedeltà è un romanzo ambientato per lo più a Milano, e in parte a Rimini. Cinque sono i personaggi: i coniugi Carlo e Margherita - professore di tecniche narrative lui, architetto che ha ripiegato nell’immobiliare lei -, e i giovani amanti Sonia e Andrea - presunta amante di Carlo lei, presunto amante di Margherita lui -. Poi c’è Anna, vedova settantenne nonché madre di Margherita, personaggio apparentemente al di sopra delle parti e, in quanto tale, porto sicuro sia per il genero che per la figlia.

La vicenda si svolge in due archi temporali che distano tra loro nove anni. Nella prima parte del libro ci troviamo nel 2009, in piena crisi, per arrivare, nella seconda parte, ai giorni nostri (2018 per essere precisi). Più che di fedeltà, a mio parere, qui si parla del suo contrario e nell’accezione più comune, quella capace di togliere il sonno e di far passare le giornate con la testa altrove e all’insegna del mal di stomaco: l’infedeltà amorosa.

Missiroli scrive bene, anche se il suo citazionismo, a tratti, disturba un po’: sono troppe le figure letterarie, cinematografiche o del fumetto che fanno capolino nel testo. A che pro? Forse l’autore sente il bisogno di ostentare a qualcuno la sua cultura? Deve dimostrare al panorama culturale italiano che giovane non è sinonimo di incolto? Interrogativi di questo tipo mi sono sorti tra un citazione e l’altra, anche se, non vi nascondo, ho preso pure qualche appunto.

Due peculiarità contraddistinguono il testo. Il libro non è suddiviso in capitoli e Missiroli utilizza la tanto chiacchierata tecnica narrativa del cambio delle anime. La narrazione si focalizza su ognuno dei cinque personaggi saltando da uno all’altro senza preavviso né pause. L’autore stesso spiega questo espediente immaginando che la vicenda sia costantemente ripresa da una telecamera. Niente sfugge alle riprese: pensieri, infedeltà, comportamenti ambigui sono alla mercé del lettore. Personalmente, ho apprezzato questa insolita struttura dell’intreccio.

Tutto molto interessante. Ma come sanno bene gli agenti della security, che si trovano a sorvegliare per molte ore al giorno le registrazioni di sicurezza, le riprese h24, salvo qualche raro momento critico, sono il regno della noia e dell’insignificanza. Riesce Missiroli ad evitare questo nel suo libro? Sono del partito del “più sì, che no”.

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Se si hanno di questi dubbi è meglio rivolgersi ad un investigatore privato come ha fatto la mia amica, almeno si è tolta il dubbio...
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