Uomini e no, il romanzo sulla Resistenza di Elio Vittorini

Pubblicato il da Daniele A. Esposito

Uomini e no, il romanzo sulla Resistenza di Elio Vittorini

Dopo tre quarti di secolo ho accarezzato tra le mie mani, Uomini e no, uno dei libri più apprezzati di Elio Vittorini (1908 - 1966). Scritto nel ’44, nel pieno della guerra civile che il regime ha scatenato, viene pubblicato solo l’anno dopo alla conclusione del conflitto.

Siciliano di nascita, Vittorini, lascia la terra natia per trasferirsi al nord in tarda adolescenza. Animo irrequieto, già in tenera età fugge più volte da casa.
Come apprendo dai cenni biografici dell’editore, Vittorini comincia presto a relazionarsi con il fervente panorama editoriale ed intellettuale del periodo, stringendo relazioni che lo aiuteranno ad emergere. In uno dei suoi pellegrinaggi conosce e si innamora, ad esempio, di Rosa, sorella del poeta Salvatore Quasimodo. A Firenze frequenta i caffè letterari dove conosce Drusilla Tanzi, Eugenio Montale, Romano Bilenchi e Vasco Pratolini.

Grazie a Bilenchi e Pratolini si avvicina al marxismo, divenendo sempre più critico nei confronti del regime fascista. Da qui parte un crescendo di azioni e dichiarazioni ostili che lo portano dapprima all’arresto e, più tardi, a prendere parte alla Resistenza partigiana.
Nel frattempo, ottengono grande successo le sue traduzioni di scrittori americani, così come le sue precise scelte editoriali per Bompiani prima e per Einaudi poi.

Tra i primi testi in prosa sulla Resistenza, Uomini e no viene pubblicato a  conflitto ultimato nel ’45 dall’editore Bompiani. Il libro è suddiviso in 136 mini capitoli generalmente non più lunghi di una o due pagine. Di questo aspetto strutturale non credo di aver colto a pieno il significato: se infatti, da un lato, il ritmo della lettura è agile, dall’altro, spesso, la continuità narrativa risulta interrotta da questa peculiare “interpunzione”. Il linguaggio è scarno e asciutto, come si conviene alla situazione, con prevalenza di dialoghi che conferiscono rapidità alla narrazione.

Il romanzo è ambientato nella Milano del ‘44 di cui si riconoscono la freschezza di vie e quartieri, nonostante l’intensa militarizzazione e i rastrellamenti nazifascisti (Vittorini vive proprio qui l’ultima parte della sua vita).
Il protagonista della storia è il partigiano Enne 2, uomo d’azione risoluto e al contempo uomo sfibrato dall’amore per Berta. Amore corrisposto, ancorché da lei stessa negatogli: Berta, donna più vecchia di lui, è già maritata con un altro.

La violenza è la coprotagonista. Rigorosa è la descrizione di infanti, donne e uomini imbelli riversi al suolo ancora vestiti. Freddati senza motivo, per dare l’esempio.

Chi aveva colpito non poteva colpire di più nel segno. In una bambina e in un vecchio, in due ragazzi di quindici anni, in una donna, in un’altra donna: questo era il modo migliore di colpir l’uomo. Colpirlo dove l’uomo era più debole, dove aveva l’infanzia, dove aveva la vecchiaia, dove aveva la sua costola staccata e il cuore scoperto: dov’era più uomo. Chi aveva colpito voleva essere il lupo, far paura all’uomo.

Elio Vittorini, Uomini e no

Mi è stato utile anche vederle, quelle scene, oltre che immaginarle. Le ho viste nel film di Valentino Orsini (1926 - 2001), Uomini e no (1980), il cui soggetto è proprio il libro di Vittorini con le musiche di Ennio Morricone.

Vittorini non riesce a starsene buono e ogni tanto fa capolino nel suo romanzo. Sono brevi intermezzi in corsivo, senz'altro meno accessibili, in cui lo “spettro” dialoga con Enne 2 in conversazioni a tratti deliranti. Oppure, in maniera sempre più ermetica e inafferrabile (almeno per me), si interroga su cosa sia e cosa non sia l’uomo.

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