I pilastri di Notre-Dame

Pubblicato il da Daniele A. Esposito

I pilastri di Notre-Dame

Ogni cartello stradale che indica la distanza da Parigi la misura dal punto zero, una stella di bronzo inserita nella pavimentazione davanti a Notre-Dame. La grande campana della torre sud, chiamata Emmanuel, si sente in tutta la città quando suona il suo potente fa diesis per annunciare un evento lieto o luttuoso, la fine della guerra o una tragedia come quella dell'11 Settembre.

Ken Follett, Notre-Dame

Il 15 aprile divampano, nel tardo pomeriggio, le fiamme su Notre-Dame, la celeberrima cattedrale gotica simbolo di Parigi.

Ho potuto apprezzare la cattedrale per la prima volta nel 2009. Non mi intendo di architettura, né tantomeno di arte. Non sono credente, né nutro simpatie per la Chiesa cattolica apostolica romana.
Come molti di voi, sono attratto dal bello, dalla cultura, dalla storia e Notre-Dame rientra a pieno titolo in ognuna di queste categorie. Qualche reminiscenza degli scritti di Victor Hugo insaporì, per quanto possibile, il gran vociare di quella massa informe di pellegrini che mi si parava dinnanzi in attesa del proprio turno.
Rammento l’oscurità, una volta dentro, e il mio vagare a testa in su come un bambino incuriosito e assieme intimorito.

Torniamo al 15 aprile. Tra smartphone e tv, sono migliaia le persone che rimangono attonite assistendo al cupo spettacolo. Il mondo è connesso come non mai, video e immagini fumose fanno il giro del mondo. Tutto l’Occidente è col fiato sospeso: un simbolo del patrimonio culturale europeo sta svanendo minuto dopo minuto.

Per i francesi sono ore concitate. La gente in piazza singhiozza assistendo alla distruzione della cattedrale. Agenti di polizia e vigili del fuoco lavorano senza sosta: è emergenza nazionale.

Il presidente Macron prende subito in mano le redini della situazione, posticipa una serie di impegni della sua agenda politica e, con il vigore del leader, rincuora i suoi concittadini: ricostruiremo Notre-Dame!

Le fiamme verranno domate soltanto nella mattinata del giorno seguente. I francesi non si danno per vinti. Comincia sin da subito un’imponente raccolta fondi, tra settore pubblico e privato. In pochi giorni si raccolgono donazioni per un ammontare di oltre 850 milioni di euro (il che la dice lunga sulla capacità di trovare risorse quando lo si ritiene opportuno).

Tra le varie iniziative, Ken Follett (1949), scrittore britannico, nonché autore di best-seller di fama internazionale, decide, su richiesta del suo editore francese, di contribuire con una pubblicazione a tema i cui proventi e diritti d’autore verranno devoluti ad un fondo per la ricostruzione. E’ un’idea che mi piace e decido di supportarla acquistando Notre-Dame, il suo libriccino, edito, in Italia, da Mondadori.

Fino a ieri non sapevo neanche che faccia avesse Ken Follett. Il suo nome mi era noto, certo. Come si fa a non avere familiarità con il nome di un uomo costantemente presente nell’Olimpo degli scrittori? E’ probabile che i libri di Ken Follett fossero best-seller internazionali da prima che nascessi.

Avrei potuto addirittura citare qualche suo titolo di successo senza, peraltro, averlo mai letto: La cruna dell’ago, Un letto di leoni, Le gazze ladre e, per finire, probabilmente il più noto, I pilastri della Terra. Oggetto di quest’ultimo libro è proprio una cattedrale che va a fuoco. Pare che, in quell’occasione, Ken Follett si sia fatto una grande cultura sulle cattedrali, sulla loro struttura e su come si sbriciolano in pasto alle fiamme. Chi meglio di lui avrebbe potuto coinvolgerci nella vicenda di attualità?

Da  Wikipedia, oltre a vedere la sua faccia per la prima volta, apprendo che, nella sua carriera, ha venduto  oltre 150 milioni di libri, entrando a pieno diritto nel novero dei giallisti britannici di maggior successo della storia assieme a Ian Fleming e Agatha Christie.

Il trionfo commerciale, però, non è, di per sé, condizione sufficiente affinché uno scrittore ci attiri verso la sua opera. E per me è esattamente così: non credo che il mio sia snobismo da persona “contro” e non ritengo nemmeno di avere velleità elitarie (o, almeno, non sempre).

Più semplicemente, negli anni, ho sviluppato una sorta di repulsione per titoli roboanti, copertine sensazionali (se non si sceglie un libro in base alla sua copertina, ricordiamoci che si può evitare di sceglierlo per questo), cicli o saghe, chiamatele un po’ come volete…

I suddetti aspetti concorrono più o meno tutti a non invogliarmi alla lettura, a farmi scartare il volume in questione, a far sì che la mia ricerca continui e non si fermi lì.
Sarei lieto se qualche editore leggesse queste considerazioni. Ma, in fondo, se lo scopo è il successo commerciale, mi rendo conto che queste mie manie lasciano il tempo che trovano. In tutta onestà, se stessi dall’altra parte, sarei, forse, il primo a selezionare la combinazione cromatica vincente
 per la copertina e il titolo più accattivante, lasciando in disparte i contenuti e, talvolta, anche il buon senso.

Perdonatemi la digressione. Per concludere, penso sia lecito avere qualche pregiudizio (in tema di libri, intendiamoci), ma penso anche che vadano apprezzate le buone idee e quella di Ken Follett (e del suo editore francese), in questo caso, senz’altro lo è.

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